La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte piú e meno altrove.
Nel ciel che piú de la sua luce prende
fu’ io, e vidi cose che ridire
né sa né può chi di lá su discende,
perché, appressando sé al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire:
veramente quant’io del regno santo
ne la mia mente potei far tesoro,
sará ora materia del mio canto.