Il padre e la madre di Velarus non sono quel che si dice due tipi amorevoli. Del resto come potrebbero esserlo dei faccendieri sempre in viaggio, sempre attaccati al telefono, sempre impegnati a comprare e a vendere. Anche la nascita di un figlio è per loro una semplice transazione. Solo che poi non hanno nÊ il tempo nÊ la voglia di occuparsene, preferiscono scaricare l'impiccio su uno strampalato tassista e sulla sua altrettanto bizzarra moglie infermiera. Cosà il bambino viene lasciato in custodia un po' a chi capita: comincia per lui una lunga teoria di ÂĢaffidamentiÂģ. Tutto questo, perÃ˛, produce nel piccolo uno strano fenomeno fisico, qualcosa di davvero eccezionale. Ed ecco che nella testa dei genitori guizza l'idea di combinare l'ennesimo affare della vita, il piÃē redditizio. A quel punto, la vendetta di Velarus prende il via.
ÂĢNacqui dentro un ospedale, vidi la luce sporco di sangue e altra robaccia, mi lavarono, mi controllarono, emisi il primo verso della vita. PerÃ˛ non mi misero tra le braccia di mia madre, come si usa fare con tutti i neonati. Lei non c'era già piÃē, era dovuta andare via, aveva fretta. Medici e ostetriche erano avvertiti: subito dopo il parto qualcun altro doveva prendersi cura di me, perchÊ lei aveva delle cose urgenti da fare, non poteva rinviarle per nessuna ragione al mondo. Mio padre apprese della mia nascita per telefono, era da qualche parte, lontano. Ci volle anche un po' perchÊ lo rintracciasseroÂģ.