Si dà pur luce ogni mattina a questa camera, quando una delle tre sorelle a turno viene a ripulirla senza guardarsi attorno. L’ombra, tuttavia, appena le persiane e le vetrate della finestra sono richiuse e raccostati gli scuri, si fa subito cruda, come in un sotterraneo; e subito, come se quella finestra non sia stata aperta da anni, il crudo di quest’ombra s’avverte, diventa quasi l’alito sensibile del silenzio sospeso vano sui mobili e gli oggetti, i quali, a lor volta, par che rimangano sgomenti, ogni giorno, della cura con cui sono stati spolverati, ripuliti e rimessi in ordine. Il calendario a muro presso la finestra è certo che rimane col senso dello strappo d’un altro fogliolino, come se gli paja una inutile crudeltà che gli si faccia segnar la data in quell’ombra vana e in quel silenzio. E il vecchio orologio di bronzo, in forma d’anfora, sul piano di marmo del cassettone, pare che avverta la violenza che gli fanno costringendolo a staccare ancora là dentro il suo cupo tic-tac.