«Nella città o "dimora" ricavata sulla cresta di ogni montagna viveva una razza non molto superiore in altezza alla nostra, ma di corporatura molto più massiccia. La mole e la forza di un orso non sono un termine di paragone appropriato nemmeno per le classi inferiori; i membri delle classi superiori avevano petto e spalle enormi, e cosce slanciate come quelle dei leoni. Questa forza dava loro un'ineccepibile bellezza, resa mostruosa da una legge inesorabile, secondo cui ogni bambino che non sviluppava nessun tratto fisico speciale poteva essere un naso di dimensioni prodigiose, mani e polsi di forza titanica, una mascella da gorilla, un orecchio da elefante... uno qualsiasi di questi tratti dava al suo detentore il diritto di restare in vita; infatti, in ogni deviazione dalla norma era riconosciuta la possibilità di uno sviluppo della razza». Così scrive Aleister Crowley in questo racconto, uno dei più suggestivi e immaginifici della sua vasta produzione, una sorta di rapporto di viaggio concepito come un «sogno veritiero» e steso «per far conoscere la verità» sul grande continente perduto. Crowley affermò di essersi preparato a compierlo, «a sua insaputa», sotto forma di farfalla, e che tutte le impressioni che ne ricavò si incisero con chiarezza nella morbida cera del suo cervello. «Potei osservare tutto perfettamente, perché non ero mai cosciente di farlo», annotò, spiegando di applicare così il metodo conoscitivo della «preparazione per antinomia», quasi inconcepibile agli uomini comuni, la cui essenza è quella di insegnare a un uomo a essere qualsiasi cosa insegnandogli a essere il suo opposto. Crowley racconta di una stirpe di esseri superiori dall'aspetto grottesco che abitano sulle montagne e di schiavi dall'aspetto umanoide che vivono in pianure paludose con il solo scopo di produrre il necessario per il loro sostentamento. Ne descrive il linguaggio, l'ordinamento sociale, gli usi e i costumi, la tecnologia, la religione, la magia, in pagine che conservano intatto il senso profondo che ne è all'origine: la sete di conoscenza e l'inquietudine che l'ha nutrita nei millenni.
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