Amatissimo dal pubblico, meno dalla critica e ancora meno dall'intellighenzia di regime, Zoščenko rimane una figura atipica, uno scrittore difficilmente etichettabile. In un'epoca che comincia a privilegiare la dimensione monumentale dell'arte, egli narra usi, costumi e psicologia dell'homo sovieticus partendo da pretesti narrativi provocatoriamente banali, che finiscono per svelare la contraddittorietà della realtà sociale, politica e culturale scaturita dalla Rivoluzione.