Il 26 aprile 1986 l'Europa ha assistito a uno dei suoi peggiori incubi: l'esplosione di un reattore nella centrale nucleare di Chernobyl, nell'Ucraina sovietica, che ha contaminato più della metà del continente e ha messo il mondo davanti al rischio dell'annientamento.
In Chernobyl, Serhii Plokhy, rinomato storico e scrittore di origine ucraina, ricrea questi eventi, minuto per minuto, in tutto il loro dramma, raccontando le storie dei pompieri, scienziati, operai e soldati che si trovarono intrappolati nell'Armageddon nucleare e riuscirono a fare ciò che apparentemente era impossibile: estinguere l'inferno e mettere il reattore a "dormire".
Basato su documenti dell'epoca − molti dei quali inediti e molti riservati −, e sulla testimonianza diretta di chi c'era, il libro è un resoconto toccante del dramma di eroi, carnefici e vittime, ma anche un'analisi impietosa della superpotenza sovietica. Un colosso che, pochi anni dopo, sarebbe drammaticamente collassato, distrutto dall'interno dal suo disfunzionale sistema politico e gestionale che il disastro di Chernobyl ha contribuito a mettere a nudo.