Con papà ho spesso parlato dei miei libri, dei miei sogni e di tutto ciò che significa scrivere. In una di queste occasioni mi ha manifestato il suo interesse per un libriccino che servisse a ricordare vicende, persone e certi anni formidabili e per l’ennesima volta una sua intenzione si è dimostrata assai lungimirante. È proprio ciò che serve adesso: ricordare.
Il seme creativo de “La statua di carta” l’ha gettato lui, io ho soltanto scritto di periodi remoti di cui posso dire, perché ho avuto la fortuna di averli ascoltati direttamente da chi li ha vissuti e altri, quelli più recenti, perché da me sperimentati in prima persona. In ogni modo si tratta di spaccati di vita, di una società, di un industria e di un’Italia che non c’è più, ma che dovrebbe comunque restare nei nostri ricordi e in quelli dei posteri, perché ciò che di buono siamo diventati lo dobbiamo soprattutto alle donne e agli uomini che ci hanno preceduto.
Appena ho avuto di nuovo la forza di reggere una penna in mano, ho provato a scrivere qualcosa, un gesto d’affetto con il quale ho voluto dare concretezza a quell'idea, l’ultima di un geniale uomo con cui ho condiviso sessant'anni di vita italiana.”