Da Pazuzu a Labeone

· CAVINATO EDITORE INTERNATIO
I-Ebook
82
Amakhasi
Kufanelekile
Izilinganiso nezibuyekezo aziqinisekisiwe  Funda Kabanzi

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Da “Pazuzu a Labeone”, ovvero come mi piace definirlo: “Rapsodie mediterranee”, dall’una all’altra velocemente, senza soluzioni di continuità, cadendo dall’una sull’altra senza freni e senza tempo per riflettere come in una fuga precipitosa ma che segue un percorso necessitato, un storia già scritta dalla quale non si può sfuggire.
Attraverso i deserti e le ingiustizie si sciolgono le illusioni, dal caos sorge un nuovo senso di giustizia e il riconoscersi nella ricerca della libertà.
Da un’intuizione all’altra, da un fallimento all’altro si sciolgono anche le speranze del fuggitivo per, finalmente, farsi, essere speranza; speranza di giustizìa, speranza di porre fine alla fuga da Pazuzo, il demone pestilenziale.
Il fuggitivo è ormai solo, ha perso tutti i legami con la terra da cui proviene, egli stesso non vuole essere che nulla, che desiderio di morte e se non fosse per la sua silente compagna ci sarebbe anche riuscito. Ma la presenza del femminile lo salva, aspettandolo, offrendogli segni ma soprattutto non abbandonandolo mai nonostante la sua ignoranza.
Doveva attraversare tutto, perderlo per poterlo riacquistare, doveva sentirsi senza identità per poterne avere una, una che comprendesse ogni intuizione, tutte essendo legate indissolubilmente, tutte richiamandosi e combattendosi furiosamente, ma così doveva essere per tornare ad essere uno, per tornare ad essere tutto e per riflettervi senza più fuggire.
Alla fine scopre Labeone, scopre l’accettazione della vita che cambia e del nostro dovere di interpretarla senza tradirla, senza favori o concessioni verso il potere, proprio come si dice che fosse Labeone.
Ma Labeone non è la fine, non è il trionfo della libertà su Pazuzu, Labeone è un altro inizio, un inizio di altre ingiustizie, di altri fallimenti sulle vie di un Pazuzu mai del tutto perdente perchè Pazuzu non è solo il demone dei crimini efferati e della pestilenza dell’ingiustizia essendo esso anche il demone protettore delle donne incinte e quindi della vita che Pazuzu e Labeone rappresentano portando senpre con sè, viventi, i loro opposti in un continuo interscambio senza il quale non resterebbe che il desiderio di morte.

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