Quando non c’è offesa, il motivo dell’odio profondo e del duello è il duello stesso. Nell’aprile del 2011 il Barcellona e il Real Madrid si sfidano per quattro volte in soli diciotto giorni. Una partita di campionato, la finale di Copa del Rey e due incontri che decideranno quale delle due parteciperà alla finale di Champions League. Guardiola ha tutto dalla sua parte. Il Barcellona è il suo passato e il suo presente. È cresciuto in quel club, ha saputo sviluppare in maniera geniale e autonoma gli insegnamenti di Johan Cruijff e ha dato un gioco unico, collettivo e totale alla sua squadra. Mourinho è arrivato al Real dopo l’annata trionfale del triplete interista. Ha strigliato lo spogliatoio, ne ha rotto l’equilibrio imponendosi come leader assoluto e sta tentando con tutte le sue forze di riportare i blancos alle loro antiche glorie. Entrambi hanno i propri soldati in campo. Piqué e Busquets sono l’orgoglio indipendentista catalano, Sergio Ramos la fedeltà alla corona di Spagna. Pepe è il killer freddo e spietato, Messi un ballerino velocissimo, imprendibile, acerrimo rivale di Cristiano Ronaldo. Ognuno darà la vita per la propria squadra, in questa serie di incontri ravvicinatissimi che porteranno la tensione a livelli mai visti su un campo di calcio. «In questa stanza, lui è el puto amo, il fottuto boss, el puto jefe, il fottuto capo.» Pep su Mou «Se ami ciò che fai non perdi i capelli e Guardiola è calvo. Non ama il calcio.» Mou su Pep