Al culmine della notte in cui spira, Ligeia fa leggere al marito delle strofe che lei aveva scritto alcuni giorni prima di morire. Quando questi finisce la poesia, Ligeia sussurrandogli: "Non fosse per l'inadeguatezza della sua fiacca volontà, l'uomo non cederebbe agli angeli, né alla stessa morte.", muore. Dopo la morte di Ligeia, il narratore si ritrova la grande eredità economica della moglie ma non tollera più la loro dimora nella metropoli sul Reno perché le ricorda la defunta moglie. Quindi dopo aver vagabondato in modo insensato e affranto, acquista e ristruttura un'antica e isolata abbazia in una zona dell'Inghilterra tra le più appartate e meno frequentate. L'uomo lascia l'esterno tetro e torvo dell'abbazia così com'era, ma è all'interno di questa che si cimenta in uno sfoggio di magnificenza assai più che regale, decorandola riccamente, anche trascinato dalle sue fantasie oppiacee che gli suggeriscono, ad esempio, colori, stile e composizione. All'interno dell'abbazia fa quindi installare: fasti tendaggi, solenni statue egizie, oggetti estrosi, incensieri preziosi, mobili antichi, tappeti e arazzi. Il narratore si sofferma poi sulla descrizione della camera da letto, tappezzata con tanto di arazzi d'oro intessuti di nero, cangianti e fantasmagoricamente sospinti da una perpetua corrente d'aria nella parete, onde accrescere l'iridescenza dei ricami.
L'uomo si ritrova sposato con Lady Rowena Trevanion di Tremaine, una donna bionda e dagli occhi cerulei, anche se ossessionato sempre dal ricordo di Ligeia, il narratore si dà sempre più all'uso dell'oppio e detesta la sua seconda moglie. L'uomo si chiede, inoltre, cosa meditassero i genitori di Rowena che per sete di denaro fecero varcare alla loro figlia vergine la soglia di una tale dimora inorpellata in quel modo. Rowena presto si ammala e forse complice la malattia, la donna ode voci e vede figure simili a spiriti che il marito non è in grado di vedere. In occasione di uno di questi deliri, il narratore va a prendere un vino medicamentoso consigliato dal medico per curare Lady Rowena, che già non molto tempo prima era caduta preda di una violenta malattia, da cui era faticosamente guarita, e gliene porge un bicchiere. Nell'atto di allontanarsi dal capezzale di lei, scorge un'ombra evanescente di aspetto angelico sul pavimento, proiettata dall'incensiere che pende dal soffitto. Subito dopo, mentre la moglie sta portando il vino alle labbra, l'uomo vede alcune gocce di liquido rosso comparire dal nulla e cadere nel bicchiere. Il narratore sconvolto, considera quanto visto, sicuramente, frutto della propria fervida immaginazione inacerbita dal terrore della moglie Rowena, dall'oppio, o dovuta all'affaticamento dell'ora tarda. Lady Rowena peggiora progressivamente fino alla morte. Nel corso della veglia funebre, l'uomo assiste a eventi incredibili: più volte nel corso della notte, annunciato sempre da un singhiozzo, il cadavere riprende il colorito vivo, accenna momenti di vita a momenti di morte e quindi più volte il narratore sussulta ad ogni risuscitazione seguita però da una successiva morte più rigorosa e conclusiva.
Finché, stremato da tutto ciò, l'uomo cessa di lottare e di muoversi ogni volta che la salma sembra riacquistare vita, e resta seduto sull'ottomana, ma ad un certo punto il cadavere inizia a riprendere vita, alzarsi dal letto e barcollare fino al centro della stanza. Il narratore mentre osserva la donna in modo accurato è assalito dal dubbio se si tratti proprio di Rowena e nota che sia l'altezza che i lineamenti non sembrano quelli della seconda moglie. Quando il dubbio è più forte, l'uomo balza ai suoi piedi ed ella ritraendosi al suo tocco e sciogliendo le fasce che le avvolgono la testa, mostra i lunghi capelli neri e i grandi occhi neri; il narratore è estasiato, non ha più dubbi, è la sua Ligeia.
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