Estetica

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 La filosofia dell’arte o estetica (come venne battezza nel 1835 dal Baumgarten) può dirsi scienza affatto moderna, sorta nel secolo XVII e sviluppatasi negli ultimi due secoli.

Non che agli uomini vissuti prima d’allora sia mancato un concetto dell’arte, perché esso non mancò mai. E concetti propriamente filosofici intorno all’ arte si ritrovano nel pensiero antico e in quello del Medioevo e della Rinascenza.

Ma solo con la filosofia moderna ai problemi concernenti l’attività artistica dello spirito ci si volse in modo sistematico e con piena consapevolezza critica; solo nel secolo XVII si iniziò la ricerca di una speciale «facoltà» estetica distinta dalle altre «facoltà» dello spirito; solo col Vico si conquistò il concetto dell’arte come attività autonoma dello spirito, laddove prima di lui essa era considerata o come cosa di mero diletto o come un mezzo per divulgare verità morali, religiose o filosofiche.

L’approfondimento dei problemi concernenti la natura della fantasia e del gusto, i suoi rapporti con le altre attività dello spirito, e via dicendo, si ebbe soprattutto con Emanuele Kant e con l’idealismo e a esso non furono estranei anche critici e artisti, non filosofi di professione ma filosoficamente dotati.

Oggi gli studi di estetica sono più che mai in onore, specie in Italia, dove Benedetto Croce, proseguendo e sviluppando le sparse ma geniali intuizioni del Vico e del De Sanctis, elaborò una filosofia dell’arte che può esser considerata come l’espressione più alta e più matura dell’estetica contemporanea.

Contro l’edonismo, il moralismo e l’intellettualismo estetici, ognora risorgenti, il Croce ha, anzitutto, riaffermato che la fantasia artistica non si può ridurre al mero piacevole né si può valutare con i criteri dell’eticità né produce concetti o giudizi o discrimina il vero dal falso, come fanno la filosofia e la storia.

Essa è una forma o attività dello spirito affatto distinta e autonoma, alogica e amorale. Distinta, ma non separata: perché essa, in virtù dell’unità dello spirito, è espressione della personalità spirituale in tutta la sua interezza. Un poeta che non avesse esperienza di passione, di moralità, di pensieri sarebbe mai poeta?

Più propriamente l’arte può definirsi come intuizione lirica: ossia, come rappresentazione o espressione di tutta la vita dello spirito sub specie intuitionis, in forma fantastica.

Un sentimento espresso e chiuso nel giro di un’immagine: ecco l’arte.

«Ciò che ammiriamo nelle genuine forme d’arte è la perfetta forma fantastica, che vi assume uno stato d’animo; e codesto chiamiamo vita, unità, compattezza, pienezza dell’opera d’arte».

Come tale, l’attività estetica può dirsi sintesi di sentimento e d’immagine nella intuizione: sintesi a priori, giacché sentimento e immagine, contenuto e forma fuori dalla loro sintesi non hanno artisticamente alcuna realtà.

Amore, odio, gelosia, dolore, e qualsiasi altro stato d’animo hanno realtà artistica solo in quanto son trasfigurati dalla fantasia; solo in quanto si fanno parola, musica, macchia pittorica, valore plastico.

In terzo luogo, contro quell’ingenuo oggettivismo estetico che concepisce l’arte come imitazione della natura, come riproduzione di un bello in sé esistente delle cose, il Croce ha ribadito il concetto che l’arte è creazione.

Un paesaggio alpino, una marina, un mazzo di rose, un viso di donna, per sé stessi non sono artisticamente nulla: è la fantasia che dà a essi realtà estetica, che li fa belli, e li crea come valori artistici.

Inoltre, il Croce ha indentificato intuizione ed espressione e si è aperto così la via a intendere che il linguaggio (in tutte le sue forme: parole, suoni, linee, colori, ecc.), il linguaggio vivo, colto nel suo corso, è esso stesso poesia, creazione lirica.

Infine, il Croce ha sgombrato il dominio dell’Estetica da una infinità di questioni oziose: tipiche quelle concernenti i limiti e i caratteri delle singole arti (poesia, pittura, musica, architettura, ecc.) e dei generi artistici e letterari (romanzo, tragedia, commedia, ecc.).

Ogni opera d’arte è un mondo unico e inconfondibile, ha una sua fisonomia che va intuita nella sua concreta individualità; una poesia non è solo diversa da una sinfonia o da un quadro o da una statua, ma da qualsiasi altra poesia.

Quante sono le opere d’arte tante sono veramente le arti finora esistenti, e tutte sono, insieme, espressioni di un’unica categoria spirituale: la fantasia. La teoria delle arti e quella dei generi letterari hanno bensì un’utilità pratica grandissima: ma speculativamente sono prive di qualsiasi consistenza.

In conformità a tali concetti, il Croce ha propugnato un metodo critico che giudichi le opere d’arte non col criterio della loro utilità pratica o del loro contenuto etico o della loro verità storica o scientifica, ma col solo criterio del valore artistico.

È la cosiddetta critica estetica. Ma il critico non deve e non può limitarsi a rivivere in sé l’opera d’arte, a intuirla (come vorrebbe l’estetismo). Esso deve intenderla e per intenderla occorre, sì, il gusto, ossia sensibilità artistica, ma occorre anche un concetto di ciò che è l’arte, ossia una filosofia dell’arte.

Ecco perché la critica è filosofia: non emozione o entusiasmo o adorazione e, tanto meno, ottuso filologismo, ma intelligenza critica, comprensione riflessa dell’opera d’arte.

Si parla anche, empiricamente, di una estetica musicale: consta di principii che si richiamano agli elementi fondamentali dell’espressione musicale (ritmo, che divide il tempo; tono, che sta in rapporto agl’intervalli, agli accordi e alla logica della concatenazione dei suoni; timbro degli strumenti che sta in rapporto alla sonorità).

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