Volker Ullrich dedica questo secondo volume della sua imponente ricerca agli anni più terribili nella storia del Terzo Reich, quelli dominati dalla smania di conquista di un dittatore che, del tutto impreparato al compito di comandante e stratega, se ne arrogò le funzioni e pianificò le operazioni con i suoi generali, fino ai minimi dettagli. L'autore rivolge quindi particolare attenzione ai rapporti fra Hitler e l'élite della Wehrmacht, cercando di chiarire in quale misura lo stato maggiore fosse coinvolto nelle decisioni più rilevanti e quali iniziative intraprese per favorirle o, eventualmente, ostacolarle. È in quelle occasioni che i tratti chiave della personalità del Führer emergono con più evidenza. Hitler era un giocatore d'azzardo e al tempo stesso era profondamente insicuro; bastava la minima battuta d'arresto per turbarlo ed era pronto a incolpare i suoi subordinati per i propri errori catastrofici; e quando si rese conto che la guerra era persa, si imbarcò nell'annientamento della stessa Germania come punizione del popolo tedesco che non gli aveva consegnato la vittoria.
L'opera di Ullrich offre dunque uno spaccato affascinante sulla personalità del Führer, sondando gli abissi del suo carattere, quei complessi, quelle ossessioni e quelle spinte omicide che erano all'origine dei suoi pensieri e delle sue azioni, poiché, senza un'opportuna messa a fuoco del ruolo nefasto che esercitò, né il corso della guerra né la via verso l'Olocausto troverebbero una descrizione e una spiegazione adeguate. È difficile pensare a una biografia definitiva di Hitler - l'argomento è troppo vasto, l'uomo troppo contraddittorio e le fonti ingovernabili - ma queste pagine si avvicinano quanto più possibile a tale traguardo.