Da allora le criptovalute sono state definite un giochino speculativo fuori controllo, una trovata pubblicitaria, uno schema Ponzi, una truffa, un'offesa all'ordine naturale delle cose o, nelle parole di Warren Buffett, «un veleno per topi al quadrato».
Quindi, di cosa parliamo quando parliamo di criptovalute?
In queste pagine Gianluigi Ballarani ha cercato di fornire quante più risposte possibili a quest'unica, grande domanda. E lo ha fatto partendo da una premessa: le criptovalute sono esse stesse una risposta a una crisi, quella del 2008. «Quando il sistema finanziario tradizionale ha emanato nuove regole e potenziato gli organi di controllo per garantire che le banche non potessero più farsi prendere la mano da certe porcherie speculative», un individuo la cui identità è tuttora ignota «ha deciso che era il momento di riprendere il controllo dei propri soldi e di creare uno strumento decentralizzato, totalmente trasparente, basato su algoritmi automatici che hanno dato vita a una tecnologia senza precedenti.»
Soltanto se le si guarda da una prospettiva più ampia, sistemica, si può comprendere la rivoluzione delle criptovalute. Non una rivoluzione possibile, o incompleta: ma uno slittamento di paradigma epocale che si è già consumato sotto i nostri occhi, e che non tarderà a mostrare le sue conseguenze nell'economia, nella politica, nel mercato dell'arte, nel lavoro e, in ultimo, nelle nostre stesse vite.