Il Terzo Reich in guerra

· Edizioni Mondadori
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Il 1° settembre 1939, varcando il confine polacco, la Germania di Hitler iniziò a dispiegare in tutta la sua devastante potenza la macchina bellica che aveva allestito con una feroce politica di corsa al riarmo e ad attuare - in nome della pretesa superiorità della «razza ariana» - l'aberrante progetto di sterminare milioni di esseri umani, innanzitutto gli ebrei. Nel capitolo conclusivo della trilogia dedicata all'ascesa e al declino del Terzo Reich, Richard J. Evans affronta gli anni cruciali che vanno dal 1939 al 1945. Alla luce di un'imponente mole documentaria - carte ufficiali, ma anche e soprattutto private (pagine di diario, lettere di soldati al fronte, memoriali di sopravvissuti ai lager) - l'autore rivisita le fasi salienti del conflitto attraverso le parole di chi, per scelta o per costrizione, di quegli eventi fu testimone oculare: dalle iniziali vittorie lampo dell¿esercito tedesco alla guerra aerea contro la Gran Bretagna e all'invasione del'Unione Sovietica, dalla disfatta della Wehrmacht a Mosca e a Stalingrado alla progressiva ma inesorabile ritirata delle truppe del Führer da tutti i fronti e all'insensata ecatombe della battaglia di Berlino. A rendere l'opera di Evans un unicum nella sterminata letteratura sulla seconda guerra mondiale è la sua capacità -frutto di una felice sintesi fra rigore storico e talento narrativo - di ricreare le atmosfere quotidiane di uno dei periodi più bui della storia umana: quello in cui un intero popolo ha aderito, con convinzione ed entusiasmo, a un'ideologia votata al sopruso e alla violenza, che avrebbe trascinato nel baratro l'Europa e il mondo. Così, via via che il racconto di quegli anni procede in tutta la sua drammaticità, sempre più chiara appare la vera natura del Terzo Reich: non l'ennesima incarnazione del male assoluto, partorita dalle menti criminali di un folle e del suo manipolo di seguaci, ma l'espressione della volontà di potenza di una «comunità di popolo» concreta e coesa, che, come scrive Evans, «evoca nella forma più acuta le potenzialità e i frutti dell¿odio e della distruttività che albergano dentro ciascuno di noi». E che nessuna civiltà è finora riuscita a sradicare

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