Il faccendiere

· Il Saggiatore
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Fingere di sapere. Mescolare il falso al vero. Far correre gli investigatori per due continenti, dall'Europa all'America Latina, alla ricerca di riscontri. E poi ritrattare, sostenere che era tutto falso. O quasi, accampando presunte minacce e non rivelandone gli autori. Rimanere nell'ombra, artefice misterioso del depistaggio della strage di Bologna. E nell'ombra plasmare trent'anni di misteri d'Italia, fatti di massoni, servizi segreti, banche svizzere, giudici raggirati e politici in odor di mafia. È Elio Ciolini il depistatore. Di lui circola un'unica fotografia e la fuggevole ripresa di un volto immediatamente coperto. È il 26 novembre 1981 quando Ciolini comincia a parlare. Si trova in Svizzera, detenuto nel carcere di Champ-Dollon per truffa. Si sta comprando la libertà, ma non solo. Invoca come mandante della strage del 2 agosto 1980 la sconosciuta Loggia Riservata, i cui adepti altro non sono che la crème della P2, e ne snocciola i nomi. Fra i più pesanti: Gelli, Andreotti, Ortolani, Rizzoli. Movente: distrarre l'attenzione delle autorità da un'operazione di acquisto in massa di azioni Eni, condotta in pieno scandalo Eni-Petronim. La fase organizzativa sarebbe stata affidata a Stefano Delle Chiaie, il fondatore della neofascista Avanguardia Nazionale espatriato in Argentina. È abile, Elio Ciolini, sa mescolare organizzazioni false e sospettati veri, fantomatiche operazioni in seno a scandali reali. Ed essere sempre presente: alle riservatissime riunioni massoniche di Montecarlo come agli incontri logistici a Buenos Aires. Non male per un sedicente infermiere, imprenditore, operatore finanziario, uomo dell'intelligence francese come del Sismi, un faccendiere divenuto collaboratore di giustizia, pare anche dietro notevole compenso. Si rivelerà tutta un'invenzione, lo ammetterà lui stesso e verrà condannato per calunnia e falso aggravato. Dodici anni dopo la bomba alla stazione di Bologna, Ciolini conferma la sua vocazione (o la necessità?) a essere un protagonista dei momenti più bui della storia italiana, e diventa l'anello di congiunzione con la trattativa Stato-mafia. Accade quando dal carcere «predice» i delitti eccellenti della Siciliadel 1992, gli omicidi di Salvo Lima, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle loro scorte, che innescano la crisi politica da cui nasce una nuova strategia della tensione. E ancora oggi non si arresta la «carriera» di un personaggio che non si è dimostrato affatto riservato. Anzi, ha parlato così tanto e su così tanti argomenti da essersi attirato l'etichetta di «pataccaro», una specie di burattino manovrato da figure rimaste senza nome. Antonella Beccaria ripercorre le sue gesta, consulta quarant'anni di carte giudiziarie, intervista giudici, carabinieri, testimoni che scelgono di rimanere nell'anonimato, e traccia, in un'inchiesta sbalorditiva, il profilo di un uomo incredibile, una macchietta in apparenza, un criminale nei fatti, che ha tessuto una spy story italiana, che di romanzesco non ha nulla e che di reale ha un centinaio di vittime in attesa di giustizia.

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