L'uomo è condannato alla solitudine? Leggendo Ford sembra proprio di sì, con tutte le mogli e i mariti separati che si incontrano nei suoi libri. I più saggi sembrano essere spesso i ragazzi, i figli di queste coppie, adolescenti malinconici che, abbandonati a se stessi, si organizzano, si danno da fare, cercano di tenere in piedi la baracca e osservano i disastri degli adulti con uno sguardo freddo e crudele. Gli ‟infiniti peccati” sono generati dalla nostra incapacità di essere fedeli, affettuosi, sinceri, pazienti, onesti, appassionati, di essere veramente attenti e vicini alle persone che desideriamo o a quelle che dovremmo semplicemente amare. E, fra i tanti peccati, sembra spiccarne uno che, in fondo, non è neppure una consapevole colpa: la piccolezza del nostro essere uomini davanti a un sentimento così grande come l'amore, la meschinità della nostra vita reale rispetto ai sogni che la ispirano, l'avarizia, la grettezza e la miseria dei nostri rapporti con gli altri. Non siamo capaci di stare insieme, dice Ford. Il nostro interesse è superficiale, le nostre motivazioni sono spesso ridicole; incostanza e tradimento dominano le nostre relazioni e la vita in comune è così fragile che basta alterare un piccolo dettaglio per cambiare tutto. Dieci racconti, infinitamente densi e ricchi, sull'amore e i drammi provocati dalla nostra inettitudine ad aver cura di questo sentimento. ‟Mentre andavano a cena dai Nicholson – per la prima volta dopo qualche tempo – Marjorie Reeves disse a suo marito Steven Reeves che l'anno precedente aveva avuto una storia con George Nicholson (il padrone di casa), ma che ormai era tutto finito e sperava che lui – Steven – non si arrabbiasse troppo e riuscisse a metterci una pietra sopra.”
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