Il Natale è appena trascorso e la città si prepara al Capodanno quando, sul palcoscenico di un teatro di varietà, il grande attore Michelangelo Gelmi esplode un colpo di pistola contro la giovane moglie, Fedora Marra. Non ci sarebbe nulla di strano, la cosa si ripete tutte le sere, ogni volta che i due recitano nella canzone sceneggiata: solo che dentro il caricatore, quel 28 dicembre, tra i proiettili a salve ce n'è uno vero. Gelmi giura la propria innocenza, ma in pochi gli credono. La carriera dell'uomo, già in là con gli anni, è in declino e dipende ormai dal sodalizio con Fedora, stella al culmine del suo splendore. Lei, però, cosí dice chi la conosceva, si era innamorata di un altro e forse stava per lasciarlo. Da come si sono svolti i fatti, il caso sembrerebbe già risolto, eppure Ricciardi è perplesso. Mentre il fedele Maione aiuta il dottor Modo in una questione privata, il commissario, la cui vita sentimentale pare arrivata a una svolta decisiva, riuscirà con pazienza a riannodare i fili della vicenda. Un mistero che la nebbia improvvisa calata sulla città rende ancora piú oscuro, e che riserverà un ultimo, drammatico colpo di coda.
«Il vento tagliente. Fuochi d'artificio, vecchie
stoviglie lanciate da balconi e finestre.
Una cena cilentana che aspetta,
e che non sarà mangiata. Un ospedale,
l'odore dei disinfettanti, una porta chiusa.
Una donna bellissima e aristocratica
in lacrime, vestita di velluto viola, come
i suoi occhi. Una ragazza con gli occhiali
che corre.
Un vecchio che saluta un giovane
e un mandolino.
La solita, stranissima emozione fatta
di sollievo e nostalgia.
Ciao, Ricciardi. È stato meraviglioso
incontrarti ancora una volta».
Maurizio de Giovanni