Agli inizi del Settecento giungono a Parigi due persiani. Sorpresi e stupiti, si guardano intorno con malcelata curiosità, rimarcando per iscritto le particolarità dello stile di vita e di gestione dello stato francese, comparandolo con quanto avviene in patria, in Persia. Un’invenzione narrativa geniale, quella di Montesquieu, che gli permette di costruire, in un gioco di specchi e di rimandi continui, una critica finissima ma al contempo molto godibile dello stato assolutista francese. Le "Lettere persiane" di fatto annunciano la più straordinaria stagione intellettuale dell’Europa moderna, l’Illuminismo, e tuttavia sul mondo moderno già posano uno sguardo straniato e penetrante. Romanzo epistolare e insieme satira di costume, pamphlet politico e fantasticheria esotica, quest’opera, che attraversò passioni, sogni e teoria della cultura settecentesca, appare oggi come il primo singolare racconto della Ragione moderna, delle sue ambizioni e della sua crisi, del suo progetto di trasformazione e del suo scacco: il grande classico fondativo dell’Illuminismo. Se "Lo spirito delle leggi" consegna l’immagine di Montesquieu come grande teorico della politica e dello stato, le "Lettere persiane" raccontano di quell’immagine il segreto carattere: l’ironia e il bonheur, l’inquietudine e il sorriso.