Giuseppe Rensi (1871-1941) fu filosofo e avvocato. Fin da giovane s’interessò di politica iscrivendosi al Partito socialista. Nel 1898 partecipò ai moti milanesi e, per sfuggire alla condanna seguita alla cruenta repressione del generale Beccaris, si rifugiò in Svizzera. Nel 1908 rientrò in Italia dove iniziò la carriera di avvocato e ricoprì la cattedra di Filosofia morale all’università di Genova. La crisi sopraggiunta a seguito della Prima guerra mondiale inclinò il suo pensiero verso posizioni scettiche; la sua riflessione è caratterizzata da forti tinte pessimistiche e ateistiche. Brevemente incuriosito dal fascismo al suo esordio ne divenne uno dei maggiori oppositori quando il fascismo rivelò la sua vera natura; tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, venne perciò espulso dall’Università dal regime. Arrestato con la moglie, solo grazie a un falso articolo dell’amico Emanuele Sella che ne annunciava la morte, fu rimesso in libertà dal duce che intanto temeva la cattiva immagine all’estero data da questo arresto. Venne quindi “confinato” presso il centro bibliografico dell’Università di Genova a compilare schede sulla storia ligure. Tuttavia egli continuò le sue pubblicazioni. Nel 1941 venne ricoverato, ma i bombardamenti su Genova obbligarono a rinviare un intervento chirurgico decretando la sua morte. Durante il funerale i pochi discepoli che seguivano il feretro vennero schedati e dispersi dai fascisti. L’edizione di Spinoza che presentiamo comprende entrambe le versioni, quella del 1929 e del 1941.