Teoria dell'insurrezione

· Piccola Storia della Rivoluzione ספר 6 · Il Grano Edizioni
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Il sangue e la violenza hanno costituito, per molti, quasi naturale paradigma della grande rivoluzione, l'orizzonte di significato entro cui collocare le traiettorie giacobine e sanculotte dei suoi uomini più noti. In questa prospettiva Marat assurge ad archetipo e modello del rivoluzionario dall'animo feroce e spietato, quasi irrazionale, vendicativo. La riedizione degli scritti, tuttavia, pone un quesito sostanziale: Marat è, in fondo, esclusivamente l'uomo della dittatura, colui che invoca la necessità del triumvirato romano, che stringe sino a soffocare le libertà degli avversari, che si arrovella e sbraita, sguazzante tra i fumi e il cruor delle devastazioni rivoluzionarie? Di certo, il montagnardo lavora per la formazione di una solida opinione pubblica attraverso una stampa e una pubblicistica passionalmente a contatto con la più varia fiumana popolare. La sensazione che la Rivoluzione sia l'ennesima opportunità offerta a forze particolari per un sempre più solido accesso al potere, e dunque l'ennesima occasione in cui le folle avranno in dono esclusivamente i segni della subalternità, diviene la motivazione esistenziale che lo muove a presentarsi quale intransigente coscienza del popolo francese. La severità delle espressioni deriva dal timore della prossima illusione, da un pensiero che alle giornate insurrezionali e alle sedute assembleari nulla chiede se non il riconoscimento degli ideali e dei diritti sanciti dalla déclaration, la riscrittura di una costituzione a carattere sociale. Les malheureux, allora, dovranno difendere i diritti conquistati, armarsi e riversare l'odio millenario accumulato contro l'oppressione solo in funzione di interessi collettivi ben individuati. L'estremizzarsi della prospettiva rende immediata la rappresentazione del processo di democratizzazione in atto: per gli uomini della Rivoluzione non si sarebbe trattato d'inventare alcunché, sarebbe stato solo il tempo di compiere l'opera.

על המחבר

Jean-Paul Marat (Boudry 1743, Parigi 1793) pubblica il suo primo studio politico a Londra nel 1773 col titolo De l'homme, e l'anno seguente il più radicale Les chaines des l'esclavage. Il Plan de législation criminelle, l'Offrande à la patrie e il suo Supplément precedono lo scoppio della Rivoluzione. Al Project de déclaration des droits de l'homme et du citoyen succede il più noto giornale francese del decennio: l'«Ami du peuple», che tra chiusure, esili e persecuzioni accompagnerà (seppur cambiando un paio di volte testata) l'opera politica e pubblicistica del rivoluzionario sino alla morte.

Raffaele Manduca insegna Storia Moderna presso il Dipartimento di civiltà antiche e moderne dell'Università degli studi Messina. Autore di numerosi saggi, ha pubblicato tra gli altri: Le chiese, lo spazio, gli uomini. Istituzioni ecclesiastiche e clero nella Sicilia moderna (2009), La Sicilia, la chiesa, la storia (2011), La Sicilia e l'inchiesta sui regolari di Pio IX (2011).

Placido Currò è dottore di ricerca presso l'Università degli studi di Messina. Ha curato, negli stessi ambiti disciplinari, La Repubblica universale di Cloots e, insieme a Saverio Di Bella, la ripubblicazione delle Memorie di Robespierre e dell'epistolario napoleonico.

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