Un nero nei tribunali dei bianchi

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Nell’agosto 1962, dopo mesi di clandestinità e dopo aver partecipato alla conferenza panafricana ad Addis Abeba, Nelson Mandela viene arrestato. Le accuse imputate al leader dell’Africa National Congress sono due: aver incitato i lavoratori allo sciopero e aver lasciato il Paese senza passaporto. Durante il processo, che inizia l’autunno dello stesso anno, Mandela rivolge un vero e proprio atto di accusa contro il governo segregazionista, rivendicando la necessità di seguire la propria coscienza anche se questa si scontra con le leggi dello Stato. Il discorso proposto in questo libro, autodifesa pronunciata in un’udienza pubblica, è dunque una dichiarazione di «odio» verso il sistema dell’apartheid, ma anche un piccolo capolavoro di arte oratoria, tanto abile quanto appassionato, che ricostruisce le ragioni della strategia dell’ANC e il fermento dei popoli africani all’alba degli anni Sessanta. Nelle parole di Mandela non rivive soltanto la realtà del dominio bianco in Sudafrica, ma anche il valore ideale di una lotta che ha superato i confini nazionali diventando presa di coscienza per tutti gli uomini liberi del mondo.

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