Utopia e disincanto raccoglie un’ampia scelta della produzione saggistica di Claudio Magris tra il 1974 e il 1998. È un itinerario che percorre territori ben conosciuti dai lettori de Il mito absburgico, Lontano da dove, Itaca e oltre, Dietro le parole e L’anello di Clarisse, ma attraversa anche zone nuove e inesplorate. Il lettore incontrerà scritti di ampio respiro, che analizzano la nostra attuale condizione umana e storica (quali la svolta di fine secolo, il ruolo dell’intellettuale, la frontiera e l’identità, il libero arbitrio), ma anche fulminei commenti alle bizzarrie della Grande Storia o della cronaca spicciola, riscoperte di libri dimenticati e incontri con destini randagi. I grandi scrittori hanno ovviamente un ruolo centrale: incontriamo Borges e Jünger, Goethe e Hugo, Mann e Dostoevskij, Nievo e Hesse, Broch e Andrić, Tagore e Primo Levi. Ma ci sono pure i libri di viaggio e d’avventura (come i romanzi di Stevenson e Sealsfield) e le opere di «non scrittori», di marginali della letteratura come il lappone Turi, lo sciamano groenlandese Qippingi o l’anonimo poeta amazzonico che canta l’ultimo viaggio di una canoa. Non mancano, infine, alcune riflessioni sull’attualità, a volte su problemi di rilevanza morale e politica, a volte su situazioni quotidiane affrontate con passione e ironia. Il filo rosso che unifica i vari saggi, inseguito nelle pagine della letteratura e nel frastagliato e contraddittorio mondo della vita, è il nesso tra utopia e disincanto. Magris ci invita a confrontarci con la crisi dei grandi sistemi di valori e dei progetti di ordinare il mondo. Ci pone di fronte alla realtà togliendoci l’illusione di riscattarla una volta per tutte, ma non la disillusa e caparbia speranza di correggerla. Si tratta, insomma, di vivere nella consapevolezza che la bacinella del barbiere non è l’elmo di Mambrino, come credeva don Chisciotte, ma che senza la ricerca di don Chisciotte il mondo è incompleto.