Vale la pena leggerli ad alta voce questi versi, più di una volta, per cogliere il ritmo che li sottende (le rime, il tempo sincopato che li accomuna con il tango, le interruzioni brusche, le discese e le risalite), per partecipare al volo che prendono le parole quando tutto intorno gira per il vino forte o le emozioni che non si trattengono più, per la rabbia o la delusione, per la nostalgia e la voglia di viverla la vita cosi come è: bella e brutale.
Tuttavia, la morte aleggia sulla esistenza di questi personaggi (eroi maldestri e sciagurati, vecchi ubriaconi o bimbi sfortunati, viandanti illusi o innamorati), l'aldilà è difatti sempre in agguato nella versificazione di Ivana Brigliadori, a sottolineare la vera miseria umana, ossia il fatto che la vita sia destinata (per tutti, proprio per tutti) immancabilmente a finire, e in tal senso, la sua poesia, sfiora il tempo della tragedia.
Il tango, in tutto questo, è protagonista indiscusso, metafora del volo (del sogno), e talvolta perfino della salvezza per chi ha ancora la forza di immaginare come sarebbe bello il mondo se tuttilo potessero ballare.
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