Hugh Person, giovane redattore di una casa editrice americana, torna in Svizzera spinto da «qualcosa che ha a che vedere con le apparizioni degli spettri» – quello della moglie, in particolare, da lui uccisa otto anni prima. Il caso, regista perverso e giocoso delle nostre vite, muterà in castigo (e catarsi) la catena delle coincidenze inseguite dall’involontario uxoricida nel suo sonnambolico viaggio a ritroso nel tempo. E la pietà del narratore assumerà Person, con il suo corpo goffo, il suo intelletto limitato dal dolore, la sua anima straziata dagli incubi più atroci, nell’altissimo cielo della trasparenza: una misteriosa dimensione dove a esseri e cose è dato spostarsi agevolmente nello spazio e nel tempo. Non attraverso la psicologia, che agli occhi di Nabokov è sempre vicolo cieco: attraverso, piuttosto, il prodigio di un linguaggio nel quale si compenetrano nomi, sogni, fuochi, stanze, echi, ricordi. Da quel linguaggio anche noi veniamo sollevati in un lieve, traslucido universo dove presente e passato non costruiscono il futuro, dove i fantasmi del pensiero rinnegano beffardi le aspettative create dalla triviale causalità.